Licenziamento discriminatorio determinato da motivi di ritorsione

Con sentenza del 27 giugno 2014, il Tribunale di Milano ha dichiarato nullo, in quanto discriminatorio, un licenziamento comminato nei confronti di una lavoratrice, al rientro dalla maternità, in funzione di un inesistente giustificato motivo oggettivo (drastica contrazione dei ricavi e necessità di procedere ad una riduzione dei costi di gestione).

Nel caso di specie, in particolare, è stato dimostrato che il suddetto licenziamento era stato determinato dalla indisponibilità della stessa lavoratrice ad accettare la modifica unilaterale delle mansioni propostale dall’azienda. Ed ancora, a dimostrazione dell’inesistenza dei presupposti per il configurarsi di un valido licenziamento per g.m.o., risultava accertato che le mansioni già svolte dalla ricorrente non erano state soppresse, ma semplicemente affidate ad una risorsa in apprendistato (come tale, meno onerosa), e che alla stessa lavoratrice, al rientro in azienda, avrebbe ben potuto essere garantita una diversa allocazione.

In una simile ipotesi, secondo quanto evidenziato dal Giudice, “se il rifiuto della ricorrente poteva ritenersi ingiustificato qualora le sue mansioni fossero state effettivamente soppresse, non è dubbio che il permanere al suo posto della risorsa in regime di apprendistato e il tentativo di imposizione di una radicale mutamento di funzioni rendono evidente al contrario il carattere ritorsivo della reazione del datore di lavoro, poiché il legittimo rifiuto opposto dalla lavoratrice alla modifica delle mansioni rimane l’unico reale motivo del licenziamento”.