Chiarimenti del Ministero del lavoro sulla disciplina delle ferie e dell’orario di lavoro

Con risposte ad interpello del 18 e 26 ottobre 2006, il Ministero del Lavoro ha fornito i seguenti chiarimenti:
1) secondo quanto disposto dall’art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 66/2003 ed, altresì, precisato nella circolare ministeriale n. 8/2005, la contrattazione collettiva può prevedere un periodo inferiore alle due settimane di ferie come periodo minimo da far godere al lavoratore nel corso dell’anno di maturazione, sempre che sussistano “esigenze aziendali serie” e non venga ad essere vanificata la funzione di recupero delle energie psicofisiche e di cura delle relazioni affettive;
2) ancora la contrattazione può prevedere un termine superiore ai 18 mesi previsti nel citato decreto per la fruizione delle settimane di ferie, sempre che dalla previsione di un termine eccessivamente lungo la funzione delle ferie non venga ad essere snaturata;
3) il datore di lavoro non è sanzionabile, ai sensi dell’art. 18 bis, co. 3, D.Lgs. n. 66/2003, quando il periodo minimo di due settimane di ferie nell’anno di maturazione non possa essere goduto per cause imputabili al lavoratore. In questi casi, però, dovrà trattarsi di una impossibilità materiale, prova ne sia che il Ministero, in proposito, ha esemplificativamente affermato che, qualora un lavoratore sia assente per undici mesi e tre settimane e rientri in azienda per l’ultima settimana dell’anno, “il datore dovrà obbligatoriamente concedere al lavoratore la rimanente settimana di ferie, mentre la parte per cui non è possibile il godimento infra-annuale dovrà essere accorpata alle due settimane ulteriori ed essere goduta appena possibile e comunque entro i 18 mesi successivi (o entro il diverso termine stabilito dalla contrattazione collettiva)”;
4) nel caso di mancato godimento, non imputabile al lavoratore, delle ferie entro i 18 mesi dal termine dell’anno solare di maturazione o entro il maggior termine individuato dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro sarà tenuto a risarcire il lavoratore medesimo del danno psicofisico derivante proprio dalla mancata fruizione delle ferie. L’entità di un simile danno subito dovrà essere provata dal lavoratore. In questo caso, l’adempimento dell’obbligo contributivo per le somme corrisposte al lavoratore a titolo di indennità sostitutiva per ferie non godute dovrà essere assolto nel termine legale o in quello contrattuale (si veda, in tal senso, il messaggio INPS n. 18850 del 3 luglio 2006 richiamato all’interno di queste news). “Pertanto, i datori di lavoro sono tenuti a sommare alla retribuzione imponibile del mese successivo a quello di scadenza del termine anche l’importo corrispondente al compenso per ferie non godute, sebbene non ancora realmente corrisposto in ragione dell’espresso divieto di cui al comma 2 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003”, ossia del divieto di monetizzazione delle ferie non godute.