DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO

Lo scorso 23 settembre è stato pubblicato in GU n. 221 del 23 settembre 2015, il decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183, c.d. Jobs Act.
Tale Decreto, entrato in vigore il 24 settembre 2015, costituisce un corpus normativo unitario in cui sono state collocate le diverse disposizioni relative agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro precedentemente contenute in più testi normativi.
Con il medesimo Decreto si è inteso, in particolare, limitare l’intervento dell’integrazione salariale, ovverosia renderlo strumento eccezionale destinato solo a crisi temporanee e ad esaurimento di altre possibilità di riduzione dell’orario di lavoro. In tal senso, sono stati previsti:

a) una revisione dei limiti di durata delle integrazioni salariali da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della CIGO e della CIGS;
b) una riduzione e rimodulazione degli oneri contributivi ordinari;
c) un meccanismo di modulazione del costo in base all’utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale (il contributo addizionale a carico delle imprese sarà, quindi, crescente in relazione ad un crescente utilizzo dei trattamenti).

Fermo quanto sopra in termini generali, si osserva che il D.Lgs. n. 148/2015 è composto da 47 articoli, suddivisi in quattro titoli rispettivamente rubricati:

  • trattamenti di integrazione salariale (da art. 1 ad art. 25);
  • fondi di solidarietà (da art. 26 ad art. 40);
  • contratti di solidarietà espansiva (art. 41);
  • disposizioni transitorie e finali (da art. 42 ad art. 47).

Di seguito, si fornisce una sintesi delle novità più rilevanti previste dal Decreto.

1. Trattamenti di integrazione salariale

Il Decreto si apre con una serie di disposizioni comuni ad entrambe le forme di integrazione salariale, ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS). Al riguardo, si segnalano:

  • l’ampliamento del campo di applicazione soggettivo. I trattamenti di integrazione salariale possono essere concessi ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato (con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio), ivi compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante (conseguentemente, anche per quest’ultimi vengono estesi gli obblighi contributivi e, precisamente, gli apprendisti diventano destinatari della CIGO e, nel caso in cui siano dipendenti di imprese per le quali trova applicazione solo la CIGS, di quest’ultimo trattamento, limitatamente alla causale di crisi aziendale).
    La concessione del trattamento è subordinata al conseguimento di un’anzianità di effettivo lavoro (secondo quanto chiarito dal Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24 del 5 ottobre 2015, “Per giornate di “effettivo lavoro” si intendono le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni” e vanno ancora computati i “periodi di astensione dal lavoro per maternità obbligatoria”), presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, di almeno 90 giorni alla data di presentazione della domanda di concessione; tale condizione non è necessaria per le domande relative a trattamenti di CIGO per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale (artt. 1 e 2).
    Nella citata circolare, il Ministero ha, inoltre, chiarito che il suddetto requisito di anzianità, laddove riguardi lavoratori che passano alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, “si computa tenendo conto del periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata”;
  • la precisazione in ordine al requisito dimensionale dei datori di lavoro interessati dalla nuova disciplina.
    Salva l’elencazione dei settori produttivi di appartenenza delle imprese, quest’ultime, nell’ipotesi ordinaria e maggiormente ricorrente, rientreranno nell’ambito della disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale sempre che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, “inclusi gli apprendisti ed i dirigenti”. Ai fini di tale computo non troverà applicazione, secondo quanto chiarito dal Ministero del Lavoro nella citata circolare, l’art. 27, D.Lgs. n. 81/2015, in forza del quale si tiene conto del “numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”;
  • i limiti massimi di misura del trattamento. L’importo del trattamento di integrazione salariale per l’anno 2015 non può superare determinati importi massimi mensili comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive ed in particolare:

a) euro 971,71, quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;

b) euro 1.167,91, quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.

Viene previsto, altresì, che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a decorrere dal 2016 gli importi del trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b), nonché la retribuzione mensile di riferimento di cui alle medesime lettere, sono aumentati nella misura del 100% dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati;

  • la revisione della durata massima complessiva. Per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non può superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini e per quelle industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei). I periodi di integrazione salariale fruiti prima dell’entrata in vigore del decreto non concorrono al raggiungimento del limite di durata appena richiamato.
    Occorre osservare che, come chiarito dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 24 del 2015, la CIGO e la CIGS possono essere prolungate fino a 36 mesi se “nel quinquennio mobile il datore ha già richiesto il trattamento di integrazione salariale ordinaria e/o straordinaria per causali diverse dalla causale “contratto di solidarietà” per 12 mesi”; in tale caso, infatti, “potrà richiedere il trattamento di integrazione salariale straordinaria per la causale “contratto di solidarietà” per ulteriori 24 mesi” (ai sensi dell’art. 22, co. 5, del Decreto in esame, infatti, “la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi”). Tale particolarità, come premesso, va posta in collegamento con la finalità di favorire il ricorso a strumenti che prevedono la riduzione dell’orario di lavoro piuttosto che la sospensione dei lavoratori, perseguendo, in tal modo, l’intento di favorire la conservazione e la salvaguardia non soltanto dei posti di lavoro ma anche della professionalità dei lavoratori che in tal modo finiscono per mantenere un legame più forte con l’impresa in attesa della ripresa produttiva;
  • l’applicazione di un contributo addizionale, a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale, connesso all’effettivo utilizzo del medesimo trattamento, secondo il meccanismo ispirato al principio bonus malus, per cui più si ricorrerà agli ammortizzatori più elevato sarà il costo da sopportare. In particolare, la misura del contributo è stata individuata in misura pari a: 9% della retribuzione globale persa per i periodi di cassa (cumulando CIGO, CIGS e contratti di solidarietà) sino ad un anno di utilizzo nel quinquennio mobile; 12% sino a due anni e 15% oltre i due e sino a 3 anni (art. 5). Tale contributo non è dovuto per gli interventi di CIGO concessi per eventi oggettivamente non evitabili;
  • le modalità di erogazione dei trattamenti e il termine per il rimborso delle prestazioni. Per i trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto legislativo in esame o, se richiesti antecedentemente, non ancora conclusi entro tale data, viene introdotto un termine di decadenza pari a 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione, se successivo, entro il quale sono ammessi il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori. Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore del medesimo Decreto, i sei mesi decorrono dalla medesima data (art. 7, co. 3). In presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa, qualora quest’ultima abbia richiesto un trattamento ordinario d’integrazione salariale, la sede dell’INPS territorialmente competente può autorizzare il pagamento diretto al lavoratore da parte dell’INPS stesso, con il connesso assegno per il nucleo familiare, ove spettante. Nel caso delle integrazioni salariali straordinarie, la competenza all’autorizzazione del pagamento diretto da parte dell’INPS rimane in capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali secondo le procedure attualmente in uso (art. 7, co. 4 e 5);
  • l’applicazione di meccanismi di condizionalità concernenti le politiche attive del lavoro. I lavoratori beneficiari di integrazioni salariali, per i quali la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro, calcolata in 12 mesi, sia superiore al 50%, sono soggetti ai limiti di durata dei trattamenti previsti dall’art. 22. Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Decade inoltre dal suddetto diritto qualora non provveda a dare tempestiva comunicazione alla sede competente dell’Inps in ordine allo svolgimento della detta attività lavorativa (art. 8).
CIGO

Per quanto riguarda il trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO), rimane confermata la disciplina antecedente al D.Lgs. n. 148/2015 in merito al campo di applicazione oggettivo del medesimo istituto, alle causali d’intervento e alla durata massima, mentre tra le principali novità in materia si evidenziano:

  • in collegamento alla revisione dei limiti della durata massima delle integrazioni salariali, viene previsto il divieto di autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione salariale. Tale misura è finalizzata a favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGO, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione (art. 11);
  • la riduzione del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore. In particolare, l’aliquota del contributo pagato da tutte le imprese indipendentemente dall’utilizzo della cassa passa: da 1,90% a 1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti; da 2,20% a 2% per quelle sopra i 50; da 5,20% a 4,70% per le imprese dell’industria e artigianato edile. Inoltre, viene previsto che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, il limite dimensionale in base al quale è dovuto il contributo ordinario è determinato sulla base del numero medio di dipendenti in forza nell’anno precedente dichiarato dall’impresa. Per le imprese che si siano costituite nel corso dell’anno solare, occorre fare riferimento al numero di dipendenti in forza alla fine del primo mese di attività. Per tutte le altre imprese, occorre presentare una nuova dichiarazione solo nel caso in cui si verifichino eventi che, modificando la forza lavoro in precedenza comunicata, influiscano ai fini del limite predetto (art. 12);
  • la semplificazione della procedura di concessione delle integrazioni salariali ordinarie. La domanda deve essere presentata telematicamente all’Inps entro il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa; nel caso in cui non venga rispettato tale termine, l’eventuale trattamento non potrà avere luogo per i periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione. Qualora dalla omessa o tardiva presentazione della domanda derivi a danno dei lavoratori la perdita totale o parziale del diritto all’integrazione salariale, l’impresa è tenuta a corrispondere ai lavoratori stessi una somma di importo equivalente all’integrazione salariale non percepita. Inoltre, viene previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il trattamento sarà concesso dalla sede INPS territorialmente competente, senza previa deliberazione della Commissione provinciale della Cassa integrazione guadagni (artt. 15 e 16).
CIGS

Anche rispetto al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) rimane confermato l’attuale ambito applicativo dell’istituto, mentre tra i principali interventi modificativi occorre evidenziare:

  • la razionalizzazione della disciplina concernente le causali di concessione del trattamento. L’intervento straordinario di integrazione salariale può, infatti, essere concesso per una delle seguenti tre causali (art. 21):

– riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale);
crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa;
contratti di solidarietà. Pertanto, gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A” (previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS), diventano una causale di quest’ultima ipotesi di cassa;

  • la revisione della durata massima della CIGS e dei contratti di solidarietà. Nello specifico (art. 22):

per la causale di riorganizzazione aziendale viene confermata l’attuale durata massima di 24 mesi, anche continuativi per ciascuna unità produttiva, in un quinquennio mobile, eliminando però la possibilità, precedentemente in vigore, di concedere le c.d. “proroghe complesse”, cioè due proroghe della durata massima di 12 mesi ciascuna;

per la causale di crisi aziendale e per ciascuna unità produttiva viene confermata la durata massima di 12 mesi anche continuativi. Una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione. In proposito, risulta opportuno evidenziare che, secondo quanto evidenziato nella citata circolare amministrativa, tale periodo di sospensione deve essere rispettato “anche tra trattamenti autorizzati ai sensi della previgente normativa e trattamenti autorizzati ai sensi della nuova normativa. D’altro canto, la presentazione di una istanza per l’accesso al trattamento CIGS per crisi aziendale, immediatamente successiva ad una precedente richiesta per la medesima causale di crisi aziendale, sarebbe evidentemente indicativa della mancata attuazione da parte dell’azienda del piano di risanamento cui l’azienda si era impegnata contestualmente alla presentazione della prima richiesta di trattamento”;

per la causale relativa alla stipula di contratto di solidarietà e per ciascuna unità produttiva viene confermata la durata massima di 24 mesi anche continuativi in un quinquennio mobile, che può essere estesa a 36 mesi, anche continuativi; ciò in quanto, come abbiamo visto sopra, la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà, entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile, viene computata nella misura della metà. Oltre tale limite, la durata di tali trattamenti viene computata per intero. Tale previsione non si applica alle imprese edili e affini. La fonte istitutiva dei contratti di solidarietà continuerà ad essere costituita dai contratti collettivi che il D.Lgs. n. 148/2015 individua in quelli aziendali di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 (art. 21, co. 5). Il contratto di solidarietà, inoltre, perdendo la propria natura di istituto autonomo per divenire una delle causali di intervento della CIGS, finisce per mutuare alcuni degli aspetti di quest’ultimo trattamento di integrazione, tra cui la percentuale (pari all’80% della retribuzione) del relativo assegno e l’applicazione dei massimali di legge, precedentemente non applicati ai contratti di solidarietà;

  • per le causali di riorganizzazione e crisi aziendale, al fine di favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di CIGS, possono essere autorizzate sospensioni del lavoro soltanto nel limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato (art. 22, co. 4). Tale disposizione non opera per un periodo transitorio di 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto (art. 44, co. 3). Per il contratto di solidarietà tuttavia non varrà quest’ultima limitazione. Sempre in tema di contratto di solidarietà, occorre ancora aggiungere che le integrazioni salariali sono autorizzate per ciascun lavoratore fino al massimo del 70% delle ore lavorabili (art. 31, co. 3). Si osservi in merito come il Ministero del Lavoro, su tale aspetto, abbia fornito chiarimenti finalizzati a garantire comunque la flessibilità applicativa precedentemente riconosciuta al contratto di solidarietà: ha, infatti, precisato nella circolare n. 24/2015 che “La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento (inteso come media di riduzione nell’arco dell’intero periodo per ciascun lavoratore) nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato. Gli accordi devono specificare le modalità attraverso cui l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale”.
    Sul tema è ancora opportuno sottolineare l’incremento del costo del lavoro a carico delle imprese, atteso che le stesse saranno tenute a versare il contributo addizionale anche rispetto al contratto di solidarietà, precedentemente esentato da un simile adempimento di carattere finanziario.
    Inoltre, viene previsto che possa essere autorizzata, nel limite rispettivamente di 12, 9 e 6 mesi e previo accordo stipulato in sede governativa (entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018), una prosecuzione della durata del trattamento di CIGS, qualora all’esito del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.
    Con decreto ministeriale, da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 148/2015, dovranno essere definiti i criteri per l’applicazione della fattispecie (art. 21, co. 4);
  • l’obbligo, in sede di consultazione sindacale, per le parti di dichiarare la non percorribilità della causale di contratto di solidarietà (art. 24);
  • come per la CIGO, vengono previste delle semplificazioni circa modalità e tempistiche di presentazione della domanda di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale (art. 25).

2. Fondi di solidarietà

In materia di Fondi di solidarietà, viene ripresa la disciplina nonché il sistema introdotto dalla cd. Riforma Fornero, con la finalità principale di garantire adeguate forme di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro anche in favore dei lavoratori dei comparti ove non trova applicazione la normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Le principali novità in materia riguardano:

  • l’obbligo di istituzione dei Fondi, in relazione alle imprese che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente l’obbligo è previsto in relazione alle imprese che occupano mediamente più di 15 dipendenti). Ai fini del raggiungimento della soglia dimensionale vengono computati anche gli apprendisti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto. I Fondi già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto in esame dovranno adeguarsi entro il 31 dicembre 2015 (art. 44). In mancanza, i datori di lavoro del relativo settore, che occupano mediamente più di 5 dipendenti, confluiranno a decorrere dal 1° gennaio 2016 nel Fondo di Integrazione Salariale, che sostituirà il fondo di integrazione residuale istituito con il decreto interministeriale 7 febbraio 2014, n. 79141; i contributi da questi già versati o comunque dovuti ai fondi di solidarietà bilaterali già costituiti saranno trasferiti al medesimo Fondo (art. 26, co. 8).
  • con l’istituzione presso l’Inps del citato Fondo di Integrazione Salariale, a decorrere dal 1° gennaio 2016 sono assicurati anche i dipendenti di imprese oltre i 5 dipendenti, a fronte del pagamento di un’aliquota dello 0,45% della retribuzione a partire dal 2016 (per imprese oltre i 15 dipendenti, l’aliquota sarà dello 0,65%);
  • sono state previste due distinte prestazioni:

a) l’assegno di solidarietà, ossia una integrazione salariale corrisposta – per un periodo massimo di 12 settimane in un biennio mobile – ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo. Tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”, stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS. I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016 (art. 27);

b) l’assegno ordinario di integrazione salariale. In tal senso, viene previsto, per le causali riconducibili alla cassa integrazione ordinaria, ad esclusione delle intemperie stagionali, e straordinaria, per le sole causali per riorganizzazione e crisi aziendale, un trattamento di importo almeno pari all’integrazione salariale nel limite di 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, co. 4).

  • la revisione della disciplina dell’assegno ordinario corrisposto dai fondi di solidarietà bilaterali (art. 30). A tal fine, i fondi (diversi dal Fondo di integrazione salariale) sono chiamati a stabilire la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della casuale invocata, alle durate massime previste per la CIGO e la CIGS (attualmente, invece, l’assegno ordinario, a prescindere dalla causale invocata, non può eccedere la durata massima prevista per la CIGO).

3. Contratti di Solidarietà Espansiva

Il titolo III del D.Lgs. n. 148/2015 reca disposizioni in tema di contratti di solidarietà espansiva. In particolare, all’articolo 41 viene stabilito che qualora, al fine di incrementare gli organici, i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, prevedano, programmandone le modalità di attuazione, una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro interessati viene concesso, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l’INPS pari, per i primi 12 mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile.
Per ciascuno dei due anni successivi il suddetto contributo è invece ridotto, rispettivamente, al 10 ed al 5%.
Ed ancora, per i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni, assunti in forza dei succitati contratti collettivi, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del 29° anno di età del lavoratore interessato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori.
Sono esclusi da tale agevolazione i datori di lavoro che, nei 12 mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di CIGS.
E’ stato, inoltre, previsto che ai lavoratori di imprese in cui siano stati stipulati i predetti contratti collettivi, e che abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi ed abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione di quest’ultima, il suddetto trattamento di pensione nel caso in cui essi abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro praticato (comunque un part-time) prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo. Ciò a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo e in forza di clausole che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell’occupazione.
Limitatamente al predetto periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione persa a seguito dell’accettazione del part-time, ferma restando la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro.
I contratti collettivi sopra richiamati dovranno essere depositati presso la Direzione territoriale del lavoro e l’attribuzione del succitato contributo è subordinata all’accertamento della corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate.
I lavoratori in tal modo assunti sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fini dell’applicazione di norme e istituti che prevedano l’accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio.

4. Diposizioni transitorie e finali

L’ultimo titolo del Decreto in esame, il IV, contiene disposizioni transitorie e finali.
In particolare, si segnala che all’art. 42 viene individuato il regime transitorio per gli accordi già stipulati:

  • le casse integrazioni straordinarie conseguenti alle consultazioni già concluse alla data di entrata in vigore del decreto, mantengono le durate previste dalla normativa vigente alla data delle consultazioni stesse, ma i trattamenti riguardanti i periodi successivi alla data di entrata in vigore del decreto rientrano nella durata massima dei 24 mesi;
  • la prosecuzione dei trattamenti di integrazione salariale può essere autorizzata, dal Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro dell’Economia, per gli accordi conclusi entro il 31 luglio 2015 in sede governativa (riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale) che prevedano un ricorso agli ammortizzatori sociali in termini superiori ai limiti previsti dal Decreto in esame. A tal fine, dovrà essere presentata apposita domanda entro 30 giorni dalla data di emanazione di un decreto ministeriale per la definizione dei criteri applicativi; tale decreto dovrà, a sua volta, essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 148/2015 in esame.

Va ancora rilevato che, secondo quanto previsto dall’art. 44, il Decreto appena richiamato, quando non diversamente indicato, trova applicazione per i trattamenti di integrazione salariale richiesti a decorrere dal 24 settembre 2015 (data di entrata in vigore del medesimo decreto). I trattamenti di integrazione salariale richiesti antecedentemente “si computano per la sola parte del periodo autorizzato successiva a tale data”.

Sul punto, ancora il Ministero del Lavoro, con la circolare più volte richiamata, ha avuto modo di chiarire che, di contro, i “periodi di trattamento di integrazione salariale autorizzati per qualsiasi causale secondo la previgente normativa e conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 non saranno computati ai fini della durata massima prevista dall’art. 4” del D.Lgs. n. 148/2015.
Ulteriori note possono infine essere formulate in ordine alle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria), essendo stato, con il D.Lgs. n. 148/2015, abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, l’art. 3 della L. 223/1991 che legittimava la concessione del trattamento CIGS a seguito dell’ammissione alle suddette procedure concorsuali.
In proposito, il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24/2015, ha chiarito che, “Successivamente al 31 dicembre 2015, nel caso in cui l’impresa sia sottoposta a procedura concorsuale con continuazione dell’esercizio d’impresa, ove sussistano i presupposti, la fattispecie potrà rientrare nell’ambito delle altre causali previste dal decreto legislativo 148/2015”. In proposito, dunque, fino al 31 dicembre 2015 nulla dovrebbe mutare rispetto al quadro di riferimento antecedente all’emanazione di tale decreto.