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DISPOSIZIONI PER IL RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO

Lo scorso 23 settembre è stato pubblicato in GU n. 221 del 23 settembre 2015, il decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183, c.d. Jobs Act.
Tale Decreto, entrato in vigore il 24 settembre 2015, costituisce un corpus normativo unitario in cui sono state collocate le diverse disposizioni relative agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro precedentemente contenute in più testi normativi.
Con il medesimo Decreto si è inteso, in particolare, limitare l’intervento dell’integrazione salariale, ovverosia renderlo strumento eccezionale destinato solo a crisi temporanee e ad esaurimento di altre possibilità di riduzione dell’orario di lavoro. In tal senso, sono stati previsti:

a) una revisione dei limiti di durata delle integrazioni salariali da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della CIGO e della CIGS;
b) una riduzione e rimodulazione degli oneri contributivi ordinari;
c) un meccanismo di modulazione del costo in base all’utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale (il contributo addizionale a carico delle imprese sarà, quindi, crescente in relazione ad un crescente utilizzo dei trattamenti).

Fermo quanto sopra in termini generali, si osserva che il D.Lgs. n. 148/2015 è composto da 47 articoli, suddivisi in quattro titoli rispettivamente rubricati:

Di seguito, si fornisce una sintesi delle novità più rilevanti previste dal Decreto.

1. Trattamenti di integrazione salariale

Il Decreto si apre con una serie di disposizioni comuni ad entrambe le forme di integrazione salariale, ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS). Al riguardo, si segnalano:

a) euro 971,71, quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;

b) euro 1.167,91, quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.

Viene previsto, altresì, che, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a decorrere dal 2016 gli importi del trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b), nonché la retribuzione mensile di riferimento di cui alle medesime lettere, sono aumentati nella misura del 100% dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati;

CIGO

Per quanto riguarda il trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO), rimane confermata la disciplina antecedente al D.Lgs. n. 148/2015 in merito al campo di applicazione oggettivo del medesimo istituto, alle causali d’intervento e alla durata massima, mentre tra le principali novità in materia si evidenziano:

CIGS

Anche rispetto al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) rimane confermato l’attuale ambito applicativo dell’istituto, mentre tra i principali interventi modificativi occorre evidenziare:

– riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale);
crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa;
contratti di solidarietà. Pertanto, gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A” (previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS), diventano una causale di quest’ultima ipotesi di cassa;

per la causale di riorganizzazione aziendale viene confermata l’attuale durata massima di 24 mesi, anche continuativi per ciascuna unità produttiva, in un quinquennio mobile, eliminando però la possibilità, precedentemente in vigore, di concedere le c.d. “proroghe complesse”, cioè due proroghe della durata massima di 12 mesi ciascuna;

per la causale di crisi aziendale e per ciascuna unità produttiva viene confermata la durata massima di 12 mesi anche continuativi. Una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione. In proposito, risulta opportuno evidenziare che, secondo quanto evidenziato nella citata circolare amministrativa, tale periodo di sospensione deve essere rispettato “anche tra trattamenti autorizzati ai sensi della previgente normativa e trattamenti autorizzati ai sensi della nuova normativa. D’altro canto, la presentazione di una istanza per l’accesso al trattamento CIGS per crisi aziendale, immediatamente successiva ad una precedente richiesta per la medesima causale di crisi aziendale, sarebbe evidentemente indicativa della mancata attuazione da parte dell’azienda del piano di risanamento cui l’azienda si era impegnata contestualmente alla presentazione della prima richiesta di trattamento”;

per la causale relativa alla stipula di contratto di solidarietà e per ciascuna unità produttiva viene confermata la durata massima di 24 mesi anche continuativi in un quinquennio mobile, che può essere estesa a 36 mesi, anche continuativi; ciò in quanto, come abbiamo visto sopra, la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà, entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile, viene computata nella misura della metà. Oltre tale limite, la durata di tali trattamenti viene computata per intero. Tale previsione non si applica alle imprese edili e affini. La fonte istitutiva dei contratti di solidarietà continuerà ad essere costituita dai contratti collettivi che il D.Lgs. n. 148/2015 individua in quelli aziendali di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 (art. 21, co. 5). Il contratto di solidarietà, inoltre, perdendo la propria natura di istituto autonomo per divenire una delle causali di intervento della CIGS, finisce per mutuare alcuni degli aspetti di quest’ultimo trattamento di integrazione, tra cui la percentuale (pari all’80% della retribuzione) del relativo assegno e l’applicazione dei massimali di legge, precedentemente non applicati ai contratti di solidarietà;

2. Fondi di solidarietà

In materia di Fondi di solidarietà, viene ripresa la disciplina nonché il sistema introdotto dalla cd. Riforma Fornero, con la finalità principale di garantire adeguate forme di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro anche in favore dei lavoratori dei comparti ove non trova applicazione la normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Le principali novità in materia riguardano:

a) l’assegno di solidarietà, ossia una integrazione salariale corrisposta – per un periodo massimo di 12 settimane in un biennio mobile – ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo. Tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”, stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS. I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016 (art. 27);

b) l’assegno ordinario di integrazione salariale. In tal senso, viene previsto, per le causali riconducibili alla cassa integrazione ordinaria, ad esclusione delle intemperie stagionali, e straordinaria, per le sole causali per riorganizzazione e crisi aziendale, un trattamento di importo almeno pari all’integrazione salariale nel limite di 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, co. 4).

3. Contratti di Solidarietà Espansiva

Il titolo III del D.Lgs. n. 148/2015 reca disposizioni in tema di contratti di solidarietà espansiva. In particolare, all’articolo 41 viene stabilito che qualora, al fine di incrementare gli organici, i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, prevedano, programmandone le modalità di attuazione, una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro interessati viene concesso, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l’INPS pari, per i primi 12 mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile.
Per ciascuno dei due anni successivi il suddetto contributo è invece ridotto, rispettivamente, al 10 ed al 5%.
Ed ancora, per i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni, assunti in forza dei succitati contratti collettivi, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del 29° anno di età del lavoratore interessato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori.
Sono esclusi da tale agevolazione i datori di lavoro che, nei 12 mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di CIGS.
E’ stato, inoltre, previsto che ai lavoratori di imprese in cui siano stati stipulati i predetti contratti collettivi, e che abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi ed abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione di quest’ultima, il suddetto trattamento di pensione nel caso in cui essi abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro praticato (comunque un part-time) prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo. Ciò a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo e in forza di clausole che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell’occupazione.
Limitatamente al predetto periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione persa a seguito dell’accettazione del part-time, ferma restando la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro.
I contratti collettivi sopra richiamati dovranno essere depositati presso la Direzione territoriale del lavoro e l’attribuzione del succitato contributo è subordinata all’accertamento della corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate.
I lavoratori in tal modo assunti sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fini dell’applicazione di norme e istituti che prevedano l’accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio.

4. Diposizioni transitorie e finali

L’ultimo titolo del Decreto in esame, il IV, contiene disposizioni transitorie e finali.
In particolare, si segnala che all’art. 42 viene individuato il regime transitorio per gli accordi già stipulati:

Va ancora rilevato che, secondo quanto previsto dall’art. 44, il Decreto appena richiamato, quando non diversamente indicato, trova applicazione per i trattamenti di integrazione salariale richiesti a decorrere dal 24 settembre 2015 (data di entrata in vigore del medesimo decreto). I trattamenti di integrazione salariale richiesti antecedentemente “si computano per la sola parte del periodo autorizzato successiva a tale data”.

Sul punto, ancora il Ministero del Lavoro, con la circolare più volte richiamata, ha avuto modo di chiarire che, di contro, i “periodi di trattamento di integrazione salariale autorizzati per qualsiasi causale secondo la previgente normativa e conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 non saranno computati ai fini della durata massima prevista dall’art. 4” del D.Lgs. n. 148/2015.
Ulteriori note possono infine essere formulate in ordine alle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria), essendo stato, con il D.Lgs. n. 148/2015, abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, l’art. 3 della L. 223/1991 che legittimava la concessione del trattamento CIGS a seguito dell’ammissione alle suddette procedure concorsuali.
In proposito, il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24/2015, ha chiarito che, “Successivamente al 31 dicembre 2015, nel caso in cui l’impresa sia sottoposta a procedura concorsuale con continuazione dell’esercizio d’impresa, ove sussistano i presupposti, la fattispecie potrà rientrare nell’ambito delle altre causali previste dal decreto legislativo 148/2015”. In proposito, dunque, fino al 31 dicembre 2015 nulla dovrebbe mutare rispetto al quadro di riferimento antecedente all’emanazione di tale decreto.