Progressione di carriera per le lavoratrici madri

Il Tribunale di Venezia, sezione lavoro, con sentenza n. 336 del 5 luglio 2016, ha affermato la natura discriminatoria del comportamento del datore di lavoro che aveva erroneamente interpretato il  contratto collettivo nazionale di settore, in cui era previsto il passaggio ad un superiore inquadramento dopo 24 mesi di servizio, in quanto non aveva considerato i periodi di assenza per congedo di maternità e parentale ai fini della progressione di carriera.

Nel caso di specie, ad una lavoratrice madre era stato negato dalla società il superiore inquadramento poiché, secondo la società datrice di lavoro, i 24 mesi necessari al superiore inquadramento dovevano essere intesi quali periodi di lavoro effettivi. Il Tribunale, nel richiamare gli articoli 22 e 34 del D.Lgs. 151/2001, a norma dei quali sia i periodi di congedo di maternità sia quelli di congedo parentale devono essere computati nell’anzianità di servizio, ha ritenuto discriminatorio il mancato riconoscimento, da parte dell’azienda, della progressione di carriera della lavoratrice madre precisando che costituisce discriminazione diretta ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive.