Il “mobbing” e la sussistenza dell’elemento oggettivo

Con ordinanza n. 24358 del 16 ottobre 2017, la Corte di Cassazione ha confermato il costante orientamento di legittimità secondo il quale, ai fini dell’integrazione del c.d. “mobbing” posto in essere dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore, è necessario il protrarsi nel tempo di una condotta articolata in più atti caratterizzati dalla persecuzione finalizzata all’emarginazione del dipendente.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della lavoratrice in quanto nella fattispecie concreta mancava il requisito oggettivo previsto, ossia la pluralità e la sistematicità delle condotte atteso il carattere sporadico ed estremamente diluito nel tempo degli episodi denunciati, nessuno dei quali avente autonoma portata lesiva.