Licenziamento per impossibilità sopravvenuta dovuta ad inidoneità fisica e categorie protette

Con sentenza n. 7524 del 23 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui “il licenziamento dell’invalido, assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza della perdita totale della capacità lavorativa, ovvero di una situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, il cui accertamento compete all’apposita Commissione medica prevista dalla legge n. 104 del 1992, cui spetta, altresì, la verifica circa l’impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti all’organizzazione del lavoro, il disabile all’interno dell’azienda”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato ad un aiuto meccanico assunto da una ditta di costruzioni a titolo di avviamento privilegiato ex L. n. 68/1999, in quanto non era stato emesso un giudizio di inidoneità totale al lavoro tale da determinare un’impossibilità oggettiva della prestazione lavorativa, e, quindi, a giustificare il recesso stesso né erano ravvisabili situazioni di pericolo o di rischio, né, ancora, era emersa in giudizio l’impossibilità di un utilizzo limitato del lavoratore nella realtà aziendale, quest’ultimo, peraltro, in linea con la ratio della L. 68/1999 che è quella di privilegiare il collocamento degli invalidi nel mondo del lavoro.