Interpretazione della direttiva europea in materia di licenziamenti collettivi

La Corte di Giustizia Europea, con sentenza dell’11 novembre 2015 resa nella Causa C – 422/14, è intervenuta sull’interpretazione della Direttiva Europea n. 98/59/CE del 20 luglio 1998, in materia di licenziamenti collettivi.

Nello specifico, i Giudici europei, pronunciandosi sul criterio di computo della dimensione aziendale che rende applicabile la disciplina sui licenziamenti collettivi, hanno osservato che, ai fini del calcolo dell’organico, rientrano tra i “lavoratori abitualmente impiegati nello stabilimento interessato”, ai sensi dell’art. 1, paragrafo 1, lett. a) della Direttiva, anche i lavoratori che beneficiano di un contratto concluso a tempo determinato o per un compito determinato, atteso che detta Direttiva non effettua alcuna distinzione in funzione della durata di assunzione dei medesimi.

La Corte di Giustizia Europea ha, inoltre, stabilito che, al fine di accertare l’esistenza di un licenziamento collettivo, ai sensi della Direttiva, nel computo dei cinque licenziamenti deve farsi rientrare qualsiasi cessazione del contratto di lavoro avvenuta senza il consenso del lavoratore, includendovi anche le dimissioni rassegnate dal lavoratore a causa di modifiche sostanziali apportate dal datore di lavoro, unilateralmente e a svantaggio del medesimo, ad un elemento essenziale del rapporto, per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso.