Illegittima l’assegnazione di un dipendente ad una sede di lavoro tanto distante da impedirgli di assistere il coniuge malato

Con ordinanza n. 703 del 18 gennaio 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che il danno non patrimoniale esistenziale – da intendersi come pregiudizio idoneo ad alterare le abitudini e gli assetti relazionali del soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione ed alla realizzazione della sua personalità nel mondo esterno – può essere dimostrato anche per presunzioni, essendo sufficiente che da un fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ “id quod plerumque accidit”: il giudice, dunque, può trarre il proprio convincimento dall’apprezzamento discrezionale di elementi indiziari gravi precisi e concordanti.
Nel caso di specie, riguardante l’illegittima assegnazione del lavoratore ad una nuova sede di lavoro, tali elementi sono stati riscontrati nella notevole distanza tra la nuova sede e quella cui avrebbe avuto diritto, nel lasso di tempo per coprire tale distanza (pari a cinque ore al giorno), nel periodo temporale per cui si è protratto l’inadempimento (due anni) e nella natura della patologia sofferta dal coniuge convivente, tale da richiedere – come da certificati medici prodotti in atti – controlli clinici periodici e sostegno assistenziale da parte del marito.