Il “nomen iuris” non è rilevante ai fini della qualificazione del rapporto di agenzia

Con sentenza n. 4884 del 1 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che l’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e quello subordinato risiede nel fatto che il primo ha per oggetto lo svolgimento, a favore del preponente, di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente pure nel rispetto di istruzioni ricevute dal preponente stesso; mentre il secondo la prestazione di energie, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta dal lavoratore.
La Corte Suprema ha ribadito, quindi, il principio per cui costituisce elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo rispetto a quello autonomo, non il nomen iuris utilizzato dalle parti alla sottoscrizione del contratto, bensì la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Nel caso di specie, il Collegio giudicante ha confermato la sentenza di secondo grado che aveva accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro e dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato da una società ad una lavoratrice che aveva intrattenuto un rapporto di agenzia con la stessa.