Tempestività della contestazione disciplinare

Con sentenza n. 14106 del 7 luglio 2015, la Suprema Corte ha richiamato l’orientamento consolidato in tema di necessaria tempestività delle contestazioni disciplinari, secondo cui – pur dovendo il principio di tempestività della contestazione disciplinare essere inteso in senso “relativo” in ragione della specifica natura dell’illecito – il datore di lavoro non può attendere di contestare l’illecito disciplinare fino al momento in cui ha la certezza assoluta della condotta del dipendente, dovendo portare a conoscenza del lavoratore i fatti emersi a suo carico non appena essi appaiono ragionevolmente sussistenti.

Nel caso di specie, un lavoratore era stato arrestato ed aveva tenuto nascosto il suo stato di detenzione mediante un iniziale certificato di malattia e poi tramite una richiesta di ferie. Soltanto diversi mesi dopo la Società, pur essendo a conoscenza che non solo le assenze del dipendente dal lavoro erano ingiustificate, ma che lo stesso aveva celato in tutti i modi il suo stato di detenzione, avviava la procedura di contestazione disciplinare, che si concludeva con il licenziamento del dipendente.
Pertanto, secondo la Corte, il licenziamento intimato al dipendente era da considerarsi illegittimo per tardività della contestazione disciplinare.