L’interpretazione dei contratti: le regole interpretative soggettive e i canoni ermeneutici oggettivi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24421 del 1° dicembre 2015, in tema di interpretazione dei contratti, ha stabilito che l’indagine circa la comune volontà dei contraenti deve essere condotta “sui binari del senso letterale delle espressioni usate e dell’individuazione della ratio del precetto contrattuale”, tracciati dall’art. 1362 c.c..

Nel caso di specie, il lavoratore denunciava dinanzi alla Corte Suprema che la Corte di merito, nella esegesi del contratto di lavoro inter partes, aveva omesso di indagare sulla comune intenzione delle parti chiaramente evincibile dalle clausole contrattuali che definivano l’oggetto della prestazione lavorativa. In particolare, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del lavoratore, ha richiamato il principio giurisprudenziale in base al quale l’art. 1362 c.c. impone all’interprete del contratto di ricostruire in primo luogo la volontà delle parti: per far ciò bisogna partire dal testo contrattuale, verificando se questo sia coerente con la causa del contratto, le dichiarate intenzioni delle parti e le altre parti del testo.

Ad avviso della Corte, il percorso interpretativo parte dal testo per risalire all’intenzione delle parti e verificare se l’ipotesi di comune intenzione ricostruita in base al testo sia coerente con le parti restanti del contratto e con la condotta delle parti.