Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e limiti del controllo giudiziale sulle scelte datoriali

La Suprema Corte, con sentenza n. 10038 del 15 maggio 2015, ha ribadito il principio per cui, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero dettato da ragioni attinenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa ex art. 3, Legge n. 604 del 1966, il motivo oggettivo è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, essendo tale scelta espressione della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.

Spetta, invece, al giudice il controllo della reale sussistenza delle esigenze tecniche, organizzative e/o economiche dedotte dal datore di lavoro, controllo che – in relazione all’art. 41 Cost – non può eccedere la verifica dell’effettività e della non pretestuosità del riassetto operato.

In applicazione del principio summenzionato la Suprema Corte ha dichiarato legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dal datore di lavoro al proprio dipendente a seguito di una riorganizzazione societaria che aveva portato all’accentramento della posizione lavorativa originariamente ricoperta dal medesimo dipendente presso la Società Capo Gruppo.