Licenziamento ingiurioso

Con la sentenza n. 22536 del 27 ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui “per dar luogo ad un danno risarcibile secondo il diritto comune il licenziamento di un (lavoratore) deve concretarsi – per la forma o per le modalità del suo esercizio e per le conseguenze morali e sociali che ne siano derivate – in un atto ingiurioso, ossia lesivo della dignità e dell’onore del lavoratore licenziato, connotazione che non s’identifica con la mera mancanza di giustificazione del recesso”.

I giudici di legittimità hanno evidenziato che per poter accertare l’eventuale carattere ingiurioso del licenziamento si deve verificare se la forma, il contenuto, la pubblicità o le altre modalità con cui sia stato adottato, siano di per sé idonee a ledere l’integrità psico-fisica del lavoratore.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta nei confronti di un’impresa tessile da parte di un dipendente cui era stato intimato il licenziamento per “violazioni di disposizioni vigenti in materia di etichettature” che in seguito era stato ritenuto pretestuoso, ma non ingiurioso in virtù delle modalità con cui era stato intimato.