L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva in capo al datore di lavoro

Con sentenza n. 1312 del 22 gennaio 2014, la Corte di Cassazione, pronunciandosi sul contenuto degli obblighi gravanti ai sensi dell’art. 2087 c.c. sul datore di lavoro nell’ipotesi di infortunio del lavoratore, ha escluso che sussista una responsabilità oggettiva in capo al medesimo datore di lavoro ogni volta che si sia verificato un danno. Infatti, la diligenza richiesta ai sensi dell’art. 2087 c.c. deve essere commisurata sulla base del comportamento colpevole dello stesso datore, della violazione degli obblighi di sicurezza richiesti dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività, nonché della mancata predisposizione di misure idonee, anche sulla base della comune prudenza, dell’esperienza e della tecnica, a prevenire eventuali danni a carico dei propri dipendenti. Al riguardo, ha precisato la Corte, il datore di lavoro “non può accollarsi l’obbligo di garantire un ambiente di lavoro a rischio zero quando di per sé il rischio di una lavorazione o di una attrezzatura non sia eliminabile, egualmente non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per fronteggiare evenienze infortunistiche ragionevolmente impensabili”. Sulla base di tali principi, nella fattispecie la Suprema Corte ha ritenuto esente da responsabilità il datore di lavoro per il sinistro occorso al dipendente con mansioni di autista, avendo accertato, da un lato, che i problemi di frenatura erano imputabili alla condotta di guida inappropriata del lavoratore, caratterizzata da frenate ripetute, dal mancato utilizzo delle marce basse e del freno motore; dall’altro, che l’obbligo del datore di lavoro esercente un’impresa di autotrasporto non poteva spingersi fino a richiedergli di accertare le caratteristiche delle strade al fine di consigliare al proprio dipendente l’utilizzo di quella meno pericolosa.