In materia di trattamento dei dati personali, con sentenza n. 6775 del 7 aprile 2016, la Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui “il diritto soggettivo del lavoratore di accedere al proprio fascicolo personale è tutelabile in quanto tale perché si tratta di una posizione giuridica soggettiva che trae la sua fonte dal rapporto di lavoro e l’obbligo del datore di lavoro di consentirne il pieno esercizio, prima ancora che nella L. n. 675 del 1996, (nella specie applicabile ratione temporis), deriva dal rispetto dei canoni di buona fede e correttezza che incombe sulle parti del rapporto di lavoro ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., come, del resto è confermato dal fatto che, da tempo, la contrattazione collettiva dei diversi settori preveda che i datori di lavoro debbano conservare, in un apposito fascicolo personale, tutti gli atti e i documenti, prodotti dall’ente o dallo stesso dipendente, che attengono al percorso professionale, all’attività svolta ed ai fatti più significativi che lo riguardano e che il dipendente ha diritto di prendere visione liberamente degli atti e documenti inseriti nel proprio fascicolo personale”.
Più specificamente, la Suprema Corte ha affermato che per quanto riguarda i lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, la relativa documentazione sanitaria deve essere custodita presso l’azienda (o l’unità produttiva) che deve consegnarne copia al lavoratore, quando questi ne faccia richiesta.