L’INPS, dopo aver sospeso le visite di controllo, chiarisce, senza convincere, il rapporto tra indennità di malattia, integrazioni salariali e assegno ordinario

L’INPS, con messaggio n. 1822 del 30 aprile 2020, ha fornito alcuni chiarimenti in ordine al rapporto intercorrente tra i diversi trattamenti di integrazione salariale e l’indennità di malattia richiamando quanto stabilito dall’art. 3 comma 7, del D.Lgs. 148/2015 in cui è previsto che il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista.
L’Istituto previdenziale partendo dalla suddetta norma, nel richiamare la propria circolare n. 197/2015, ha chiarito che, se durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione a zero ore) insorge lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali in quanto l’attività lavorativa è totalmente sospesa e non dovrà, pertanto, comunicare lo stato di malattia.
Qualora, invece, lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si verificheranno due ipotesi: la prima, se la totalità del personale in forza cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIG dalla data di inizio della stessa; nella seconda ipotesi, invece, qualora non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza cui il lavoratore appartiene, quest’ultimo continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia se prevista dalla vigente legislazione. Le regole per la cassa integrazione salariale ordinaria si applicano in via analogica anche alla CIG in deroga.
In materia di FIS, l’INPS richiama, invece, la propria circolare n. 130/2017, ove è previsto che per l’assegno ordinario, in caso di sospensione a zero ore, è necessario distinguere l’ipotesi in cui la malattia sia insorta durante il periodo di sospensione dall’ipotesi in cui la malattia sia precedente l’inizio della sospensione.
Nel primo caso la malattia non è indennizzabile, pertanto il lavoratore continuerà a percepire l’assegno ordinario e non dovrà comunicare lo stato di malattia.
Nell’ipotesi in cui lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si possono verificare due ipotesi: la prima, se la totalità del personale in forza cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia beneficerà delle prestazioni garantite dal FIS dalla data di inizio delle stesse; nella seconda invece se non viene sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza cui il lavoratore appartiene, questi continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione.
Le indicazioni fornite dall’INPS con il messaggio in questione non convincono perché sono completamente avulse dall’attuale contesto emergenziale e dalla correlata gravissima crisi economica e finanziaria in cui versa la maggior parte delle imprese.
Com’è noto, il problema interpretativo e applicativo nasce dalla previsione contenuta nella recente Circolare n. 47 del 28 marzo u.s. dell’Istituto stesso che, molto succintamente e sbrigativamente, ha fornito la seguente indicazione “Infine, si richiama l’articolo 3, comma 7, del D.lgs n. 148/2015, ai sensi del quale “il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista”.
I dubbi, di per sé legittimi, sono sorti in ragione delle precedenti più articolate indicazioni date dall’Istituto stesso, in particolare, con la richiamata Circolare n. 197 del 2 dicembre 2015, emanata in un periodo in cui l’esigenza di dare un sostegno anche alle imprese era sicuramente diversa dall’attuale.
Com’è noto, infatti, la finalità perseguita dall’art. 3 comma 7, del D.lgs n. 148/2015 è quella di scoraggiare, in caso di sospensioni in CIGO o in CIGS, anche ad orario ridotto, l’abusivo ricorso, da parte di alcuni lavoratori, alla malattia per non perdere la retribuzione ed ottenere, così, un indebito vantaggio economico a discapito delle aziende tenute a corrispondere direttamente il trattamento di malattia e l’integrazione prevista dai CCNL ai dipendenti inquadrati nella categoria degli impiegati. Con ciò vanificando la finalità, perseguita dal Legislatore dell’emergenza, di sostenere anche le imprese.
Il tutto, dopo che l’Istituto stesso, con i propri messaggi Hermes interno n. 716 del 25 febbraio 2020 prima e con i messaggi di sospensione Hermes n. 1013 dell’8 marzo 2020 e 1061 del 10 marzo 2020 poi, ha disposto la sospensione delle visite mediche di controllo, domiciliare e ambulatoriale “Considerato che gli accertamenti fiscali rappresentano un possibile canale di diffusione dell’epidemia e un motivo di rischio per il personale medico, si dispone la sospensione delle visite mediche di controllo, domiciliare e ambulatoriale.”.
La sospensione, limitata, inizialmente, alla c.d. “zone rosse” del nord Italia è stata estesa a tutto il territorio nazionale; attualmente e non è dato sapere fino a quando le visite mediche di controllo (visite fiscali) sono sospese in tutta Italia.

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