Le clausole sociali nel nuovo Codice degli appalti

Il 19 aprile scorso è entrato in vigore il D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in precedenza disciplinato dal D.Lgs. n. 163/2006. Tra le varie novità del Decreto legislativo n. 50/2016, si segnala, sotto il profilo giuslavoristico, la disciplina delle cd. clausole sociali, ossia di previsioni contenute nei bandi di gara, in forza delle quali l’impresa aggiudicataria che subentra nell’appalto di un servizio ha l’obbligo di assicurare la continuità dell’occupazione, assumendo il personale già in forza nell’azienda cedente.

In particolare, l’art. 50 del D.Lgs. n. 50/2016, recante il titolo “Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi” ha disposto che “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera e’ pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”.

Prima dell’entrata in vigore di tale disposizione, tali clausole di “protezione occupazionale” erano disciplinate, anche se non espressamente, dall’art. 69 del D.Lgs. n. 163/2006, recante il titolo “Condizioni particolari di esecuzione del contratto prescritte nel bando o nell’invito” che recitava: “Le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, purché’ siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d’oneri”.

La novella legislativa del 2016 disciplina, quindi, espressamente le clausole sociali di riassorbimento volte a promuovere la stabilità occupazionale esclusivamente del personale impiegato negli appalti pubblici di servizi ad alta intensità di manodopera – ossia con costo della manodopera pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto – prevedendo la possibilità di introdurle nei bandi di gara, negli inviti, o negli avvisi e, stabilendo, in tal caso, l’obbligo, per l’appaltatore aggiudicatario, di applicare i contratti collettivi di settore di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 (il quale stabilisce che per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria).

Nella novella viene prevista anche la necessità che tali clausole sociali siano inserite nel rispetto dei principi dell’Unione Europea che, in tale contesto, si possono enucleare nei principi della libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza garantiti anche dall’art. 41 Cost.. L’espressa previsione della natura facoltativa e non obbligatoria della clausola sociale ha sollevato molte polemiche da parte dei sindacati dei lavoratori che speravano in una maggiore tutela degli stessi. Tuttavia, si osserva che la natura facoltativa appare conforme agli orientamenti, sia della giurisprudenza amministrativa sia dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione, ex Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici) che, già in passato, a più riprese hanno fornito una interpretazione negativa in ordine alla previsione di un obbligo, a carico dell’imprenditore subentrante, di assunzione del personale già adibito allo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto, salve le ipotesi di espressa previsione di legge o di CCNL di riferimento, in quanto lesivo della concorrenza e della libertà di impresa garantita dall’art. 41 Cost e, comunque non coerente con una lettura comunitariamente orientata della libertà di iniziativa economica (Cons. Stato, 2.12.2013, n. 5725; Parere Avcp n. 44/2010; Parere Autorità AG 25/2013).

Si rintraccia anche una timida apertura interpretativa di dette clausole di riassorbimento da parte di qualche giudice amministrativo che le ha interpretate nel senso che, in caso di successione di appalti, l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione però che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (Cons. Stato, V, 15 giugno 2009, n. 3900). Anche la Corte di Giustizia ha censurato la legittimità delle clausole sociali tese a salvaguardare la continuità occupazionale del personale in caso di successione tra appaltatori nel settore dei servizi aeroportuali in quanto gli effetti fortemente restrittivi della concorrenza tra imprese nel mercato di detti servizi erano stati ritenuti sproporzionati rispetto al fine di garantire la stabilità occupazionale dei lavoratori (Corte di Giustizia, 14 luglio 2005, C-386/2003).

In generale, si ricorda che la materia della garanzia della stabilità occupazionale in caso di successione negli appalti tra imprese trova la propria disciplina anche in altri ambiti normativi, quale ad es. nell’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276/2003, secondo cui l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore non costituisce trasferimento di azienda o di parte d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., oppure nell’art. 63 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 sugli addetti al servizio di riscossione in regime di concessione; nell’ambito della contrattazione collettiva, si richiamano ad es. l’art. 4 del CCNL per le imprese di pulizia e l’art. 42 bis del CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizione).

Cristina Petrucci