“Decreto Dignità”: le nuove disposizioni in materia di contratti a termine, somministrazione di lavoro, aumento dell’indennità di disoccupazione e le misure per il contrasto alla delocalizzazione ed alla salvaguardia dell’occupazione

Con il Decreto Legge contenente “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, (denominato anche “Decreto dignità”) approvato lo scorso 2 luglio dal Consiglio dei Ministri ed in attesa di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sono state apportate alcune modifiche alle disposizioni contenute nel D.lgs. n. 23/2015 e nel D.lgs. n. 81/2015, facenti parte del c.d. “Jobs Act”.
Tra le modifiche più rilevanti, si evidenziano quelle sul rapporto di lavoro a tempo determinato, sostituendo all’art. 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, l’originario tetto massimo di durata di trentasei mesi con il nuovo di ventiquattro mesi.
L’altra importante novità è stata la riduzione della “acausalità” del contratto a termine, ora limitata a soli 12 mesi rispetto ai precedenti 36. Superato il periodo dei 12 mesi, il legislatore ha nuovamente reintrodotto causali giustificative dell’apposizione del termine, così tipizzate:
i) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
ii) esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Inoltre, è stato ridotto il numero complessivo delle proroghe, che passa da cinque a quattro.
Un ulteriore intervento inerente la disciplina del contratto a termine riguarda l’innalzamento del termine di impugnazione stragiudiziale, previsto dall’art. 28, primo comma del D.lgs. n. 81/2015, da centoventi a centottanta giorni.
La nuova disciplina per espressa previsione del legislatore trova applicazione ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del Decreto nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del richiamato Decreto.
Ulteriori modifiche sono state apportate alla disciplina in materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato, ove permane il principio secondo il quale tale rapporto lavorativo è soggetto alla disciplina di cui al capo III, relativa ai contratti a tempo determinato, ma si riducono le precedenti esclusioni ai soli art. 23 e 24 del D.lgs. n. 81/2015. Da ciò consegue che, anche per i rapporti di lavoro a termine in somministrazione, dovrà apporsi la clausola con le ragioni giustificatrici in caso di superamento dei dodici mesi di durata, non potranno aversi termini di durata complessiva superiori ai ventiquattro mesi e sarà possibile stipulare un ulteriore contratto in sede “protetta”, oltre il limite dei ventiquattro mesi. Allo stesso modo, potrà applicarsi anche ai contratti di somministrazione di lavoro l’anzidetta disposizione, contenuta all’art. 21, inerente i limiti relativi alle proroghe.
Sotto un diverso ed ulteriore profilo, in tema di licenziamento, è stato innalzato il valore dell’indennità, di cui all’art. 3, comma 1, del D.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, qualora venga accertato che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo o soggettivo o della giusta causa, essendo prevista la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità da un minimo di sei a trentasei mensilità, al posto delle precedenti quattro a ventiquattro mensilità.
Importante modifica è stata apportata anche al contributo addizionale, previsto dalla L. 92/2012, mediante l’aumento di mezzo punto percentuale nelle ipotesi di ciascun rinnovo del contratto a termine, anche in somministrazione.
Ulteriori misure sono state introdotte riguardo i limiti alla delocalizzazione delle imprese che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato. In particolare, è stata prevista la decadenza dal predetto beneficio per le aziende che, entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa o del completamento dell’investimento agevolato, delocalizzino l’attività economica interessata da esso, ovvero un’attività analoga o una loro parte, in Stati non appartenenti all’Unione Europea. Infine, il Legislatore ha dettato delle misure volte a tutelare l’occupazione all’interno delle imprese beneficiarie di aiuti di Stato che operano sul territorio nazionale, prevedendo la perdita del predetto beneficio in presenza di una riduzione superiore al 10% del livello occupazionale degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata dall’aiuto, nei cinque anni successivi alla data di completamento dell’investimento.

A cura di Sebastiano Cordaro e Giacomo Arena