PROVA DEL DANNO DA DEMANSIONAMENTO A SEGUITO DI CESSIONE DI RAMO D’AZIENDA

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1178 del 18 gennaio 2017, ha ribadito il principio per cui il danno da demansionamento, non derivando automaticamente dall’inadempimento datoriale, “non è ravvisabile in re ipsa, ma esige una specifica allegazione dell’esistenza di un pregiudizio, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale”.

Nella fattispecie, non avendo il lavoratore dedotto e provato alcun danno da demansionamento concretamente individuabile per effetto della modifica delle mansioni a seguito della cessione del ramo d’azienda, la Corte di Cassazione ha negato il suo interesse ad agire per l’accertamento della illegittimità della cessione medesima. In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che l’interesse ad agire non possa basarsi sul mero interesse del lavoratore alla corretta individuazione del proprio datore di lavoro a seguito dell’operazione di cessione di azienda e, dunque, del presunto autore del demansionamento.