L’espressione di motivato dissenso non può assumere alcuna rilevanza disciplinare se le modalità con cui viene esercitato il diritto di critica sono formalmente corrette

Con sentenza n. 9312 del 10 novembre 2022, il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità dei provvedimenti disciplinari (i.e. rimprovero scritto, nonché, limitatamente ad uno dei lavoratori, anche un’ora di multa) comminati da un Ente pubblico nei confronti di alcuni dirigenti per aver questi sottoscritto una lettera critica sull’operato del Presidente dell’Ente medesimo.

Il Giudice di prime cure ha chiarito che l’espressione di giudizi negativi anche con riferimento al datore di lavoro rientra nell’ambito del diritto di critica di cui al combinato disposto degli artt. 21 Cost. e 1 della L. n. 300/1970 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”), purché tale diritto, in quanto contemperato con il dovere di fedeltà a carico dei lavoratori ai sensi degli artt. 2104 e 2105 c.c., sia esercitato in maniera ragionevole, non pretestuosa e secondo modalità formali corrette.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che i dirigenti dell’Ente si erano limitati ad esprimere, con un parere circostanziato e specifico, tramite lettera riservata e trasmessa al solo Ministro competente, il proprio dissenso e che, pertanto, non poteva essere attribuita alcuna rilevanza disciplinare al loro operato.