La tempestività della sanzione deve sempre essere provata

Con sentenza n. 351 dell’8 maggio 2018, la Corte di Appello di Milano ha ritenuto illegittimo il provvedimento disciplinare – sospensione dal servizio e dal trattamento economico per tre giorni – irrogato ad un dipendente di un istituto di credito che aveva posto in essere delle condotte (concessione di reiterate proroghe alle scadenze di ricevute bancarie) tali da non ridurre l’esposizione della banca nei confronti di un correntista.
Nel caso di specie, i Giudici hanno reputato il provvedimento disciplinare, comminato a distanza di otto mesi dalla conoscenza dei fatti, tardivo, posto che la banca nulla aveva provato circa la complessità degli accertamenti che aveva dovuto condurre per risalire al responsabile dei fatti contestati.
Secondo la Corte d’Appello, infatti, l’onere della prova circa la tempestività e tassatività della sanzione ricade sul datore di lavoro, che è tenuto a depositare a sostegno del proprio ricorso tutti gli elementi ritenuti utili per la propria domanda e non chiederne l’ammissione solo a seguito dell’eccezione di intempestività sollevata dalla convenuta.