La “reperibilità speciale” non deve essere retribuita quale attività lavorativa vera e propria, in quanto è compensata dal contratto collettivo, se limita ma non esclude il riposo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30301 del 27 ottobre 2021, ha statuito che in tema di orario di lavoro, il servizio di “reperibilità speciale” prestato da un lavoratore, non deve essere retribuito quale attività lavorativa vera e propria, in quanto è compensato dal contratto collettivo, laddove detto servizio pur vincolato nel luogo di espletamento, lasci libero il lavoratore di riposare e dedicarsi ad attività di suo gradimento anche in compagnia, senza alcun obbligo specifico di vigilanza.
La Corte Suprema ha precisato che la “reperibilità speciale” rientra tra le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa, le quali non sono comprese nell’orario di lavoro.