La prova del mobbing richiede che le plurime condotte datoriali siano unificate da un unico intento persecutorio

Con ordinanza n. 13183 del 27 aprile 2022, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di mobbing, ribandendo come non è sufficiente che sia dimostrata la sussistenza di molteplici condotte illegittime poste in essere dal datore di lavoro nei confronti del dipendente (elemento oggettivo), gravando sul lavoratore l’onere di allegare e dimostrare anche l’esistenza di un elemento soggettivo che colleghi le condotte datoriali in “un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione” del lavoratore stesso.
Applicando tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che nel caso di specie fosse insufficiente la prova offerta dal lavoratore in relazione ad un asserito demansionamento (peraltro non accertato in giudizio) e ad altre condotte datoriali illecite, rilevando come fosse mancata la prova appunto dell’esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro.