INDENNITA’ DI MATERNITA’: IL CONGEDO STRAORDINARIO NON SI COMPUTA NEI SESSANTA GIORNI

Con sentenza n. 158 del 13 luglio 2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, c. 3, d. lgs. n. 151/2001, nella parte in cui non esclude dal computo di sessanta giorni, immediatamente antecedenti all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro il periodo di congedo straordinario, di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l’assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap.
La legge, infatti, accorda l’indennità giornaliera di maternità anche alle lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti da lavoro senza retribuzione o disoccupate purché tra l’inizio della sospensione o assenza e quello di detto periodo non siano trascorsi più di sessanta giorni (art. 24, c. 2, d. lgs. n. 151/2001).
Restano escluse dal compunto dei sessanta giorni: a) le assenze dovute a malattia/infortunio, b) il congedo parentale o per malattia del figlio fruito per una precedente maternità; c) il periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento; d) il periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale (art. 24, c. 3, d. lgs. n. 151/2001).
La Corte Costituzionale ha stabilito che tale disposizione, escludendo irragionevolmente dal suddetto elenco le ipotesi di congedo straordinario per assistenza al coniuge o figlio in condizioni di grave disabilità, abbia sacrificato in maniera arbitraria la protezione accordata alla madre lavoratrice dagli artt. 37, c. 1, Cost. e 31, c. 2, Cost..
La tutela della maternità e del disabile costituiscono due principi di primario rilievo costituzionale in quanto perseguono l’obiettivo comune di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (art. 3, c. 2, Cost.).
Per questi particolari vincoli di solidarietà si è dunque imposta l’estensione della deroga sancita dal predetto art. 24, c. 3.