Il danno alla professionalità per prolungata inattività lavorativa non è in re ipsa ma deve essere dimostrato

Con sentenza n. 5431 del 25 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha ribadito che il danno da demansionamento e da dequalificazione professionale per prolungata e forzata inattività non è in re ipsa, ma deve essere dimostrato dal lavoratore, anche mediante l’allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, che consentano di valutare la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa dopo la prospettata dequalificazione.
La Corte di Cassazione ha, inoltre, precisato che il danno professionale di natura patrimoniale può derivare sia dall’impoverimento della capacità acquisita con l’esperienza dal lavoratore, sia dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia dalla perdita di ulteriori possibilità di guadagno (c.d. perdita di chance), purché in presenza di una specifica allegazione al riguardo.