Il computo nel periodo di comporto delle assenze del lavoratore disabile dovute alla propria condizione costituisce discriminazione indiretta

Con ordinanza del 2 maggio 2022, il Tribunale di Milano ha affermato che computare nel periodo di comporto le assenze del lavoratore disabile correlate alla propria condizione di handicap costituisce discriminazione indiretta per violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui alla Direttiva 2000/78/CE, nonché del D.Lgs. n. 216/2003.

Il Giudice, confermando un orientamento ormai maggioritario, ha evidenziato che, per garantire la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, ai fini del computo delle assenze per malattia del dipendente disabile, devono escludersi quelle che siano riconducibili alla patologia sofferta, causa della condizione di handicap. Ciò in quanto, tale condizione è indubbiamente caratterizzata dal maggiore rischio, per il dipendente disabile, di dover ricorrere a cure specifiche e periodiche e, conseguentemente, di doversi assentare dal luogo di lavoro con più frequenza.

Su tali presupposti, dunque, il Tribunale, nell’accogliere il ricorso del dipendente, ha dichiarato nullo il licenziamento intimato allo stesso per superamento del periodo di comporto, sottolineando che, secondo quanto affermato dal diritto dell’Unione Europea e confermato dal legislatore nazionale, la discriminazione ha rilevanza oggettiva, essendo del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento del carattere discriminatorio del licenziamento, la circostanza che la società datrice di lavoro non avesse conoscenza della specifica natura della malattia del lavoratore.