E’ trasfertista chi svolge fuori sede la propria prestazione in via continuativa e non prevalente

Con sentenza n. 16579 del 22 giugno 2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che non rientra nella disciplina dell’art. 51, comma 6, TUIR, secondo l’interpretazione autentica dell’art. 7-quinquies, D.L. n. 193/2016, l’ipotesi dei lavoratori che non svolgono fuori sede “in via continuativa” la loro prestazione ovvero che non ricevono “in misura fissa” un’indennità o maggiorazione di retribuzione, in ragione delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, a prescindere dall’effettività della trasferta e indipendentemente dal luogo ove essa si è svolta.
La Suprema Corte ha così riformato la sentenza della Corte d’Appello, ritenendo insussistenti nel caso di specie le condizioni stabilite all’art. 51, comma 6, TUIR, secondo la norma di interpretazione autentica (art. 7-quinquies, D.L. n. 193/2016), ritenuta retroattiva – e dunque applicabile anche ai giudizi pendenti – da un recente orientamento delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. n. 27093/2017).
La Suprema Corte, infine, ha precisato che l’onere probatorio del datore di lavoro che invochi l’esclusione, dall’imponibile contributivo, delle erogazioni in favore dei lavoratori a titolo di rimborsi chilometrici, è assolto con la prova documentale delle stesse e spetta al giudice di merito valutarne la ricorrenza nel caso concreto.