La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 969 del 17 marzo 2025, ha statuito, in tema di appalto di servizi e in particolare per quelli endoaziendali, che, al fine di distinguere l’appalto genuino dalla somministrazione illecita di manodopera, non è sufficiente rilevare un’ingerenza dell’appaltante nelle modalità di gestione del personale, ma è necessario valutare in concreto l’oggetto dell’appalto, le modalità di svolgimento dello stesso e il rapporto tra l’attività appaltata e l’ambito aziendale di estrinsecazione.
Nel caso di specie, un lavoratore – deducendo di essere stato adibito continuativamente al medesimo appalto, seppur alle dipendenze di diverse società aggiudicatrici – ricorreva giudizialmente al fine di sentir dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa committente, sostenendo l’integrazione della fattispecie della somministrazione illecita, a fronte del fatto che il suo lavoro fosse sempre stato coordinato ed organizzato dall’azienda appaltante.
I Giudici di secondo grado hanno statuito che la fattispecie della somministrazione illecita va esclusa laddove non venga dimostrato l’esercizio di un concreto potere direttivo da parte della committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatrice. La Corte ha inoltre precisato che, per qualificare come illecito un appalto, debba risultare assente l’organizzazione dei mezzi necessari e/o risultare assente il rischio d’impresa.