È illecito l’utilizzo da parte del datore di lavoro di informazioni relative ai dipendenti recepite tramite social network ai fini del licenziamento

Con provvedimento del 21 maggio 2025 n. 288, il Garante per la protezione dei dati personali ha accertato l’illiceità del trattamento effettuato da una società, che aveva utilizzato dei post di un profilo Facebook riservato e dei messaggi privati scambiati tramite Messenger e WhatsApp da una dipendente, per formulare due contestazioni disciplinari che ne avevano comportato il licenziamento.

Il Garante ha precisato che, anche la mera acquisizione e successiva utilizzazione delle comunicazioni provenienti da chat private o profili social non accessibili al pubblico, costituisce trattamento di dati personali, soggetto pertanto al rispetto dei principi di liceità, correttezza e trasparenza (art. 5 e 6 Reg. UE 2016/679), nonché alle disposizioni specifiche in materia di rapporti di lavoro (art. 88 GDPR; art. 113 Codice della privacy).

L’Autorità ha pertanto ritenuto illegittimo l’utilizzo, a fini disciplinari, di opinioni e comunicazioni estranee all’attività lavorativa o all’attitudine professionale del dipendente, anche se spontaneamente trasmesse da terzi, in quanto la facoltà del datore di lavoro di esercitare i propri poteri non può comprimere il diritto fondamentale alla segretezza e riservatezza delle comunicazioni. Nel caso di specie la Società è stata, quindi, condannata al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 420.000,00 euro, oltre all’obbligo di pubblicazione del provvedimento sul proprio sito istituzionale.