Nell’ambito di una controversia per il riconoscimento del superiore inquadramento, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22379 del 2 novembre 2015, ha rigettato il ricorso del datore di lavoro che aveva contestato l’applicazione, ai suoi danni, dell’art. 23 della L. n. 218/52, secondo cui in caso di versamento ritardato dei contributi rimane a carico dello stesso datore l’obbligo di provvedere anche al versamento della quota parte di contributi ordinariamente a carico del lavoratore.
In particolare, nel caso di specie, il datore aveva formulato le proprie contestazioni sull’assunto che il debito contributivo fosse venuto ad esistenza solo quale effetto del nuovo inquadramento disposto con sentenza e che, pertanto, solo alla data dell’accertamento giudiziale “doveva farsi risalire l’obbligo contributivo”.
Di contro, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha evidenziato che il ritardo nel disporre il suddetto versamento, da cui era scaturita la concentrazione dell’obbligo contributivo in capo al datore, traeva origine da un risalente illecito contrattuale (decorrente dall’avvenuta assegnazione a mansioni superiori) a quest’ultimo imputabile, che aveva reso necessario l’accertamento giudiziale ed il riconoscimento del corretto inquadramento.