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I GIUDICI AMMINISTRATIVI TUTELANO LA RISERVATEZZA DELL’IDENTITÀ DEL WHISTLEBLOWER

Il TAR Campania, con sentenza del 20 marzo 2019, n. 1553, si è pronunciato in materia di whistleblowing nell’ambito del pubblico impiego, applicando quanto disposto dall’art. 54 bis del D.Lgs. n. 165/2001 in ordine alla tutela dell’identità del segnalante e del contenuto della segnalazione.
Si ricorda che l’art. 54 bis del D.Lgs. n. 165/2001, introdotto con l’art. 1 della L. n. 179/2017 ed intitolato “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (che disciplina il c.d. whistleblowing, dettando specifiche disposizioni volte a preservare da eventuali ritorsioni il dipendente pubblico che segnali illeciti nell’interesse all’integrità della pubblica amministrazione) estende tale tutela, ai sensi dell’art. 1, 2^ comma del D.Lgs. n. 179 cit. anche ai dipendenti di un ente pubblico economico ovvero di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 c.c..
Orbene, il Tribunale amministrativo campano ha affermato che, in merito ad un procedimento disciplinare scaturito da una serie di segnalazioni, a carico di un dirigente scolastico, di comportamenti non in linea con il codice di comportamento dei pubblici dipendenti, deve riconoscersi in capo allo stesso la sussistenza di un “interesse diretto, concreto ed attuale”, all’accesso agli atti del procedimento disciplinare corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è stato chiesto ai sensi dell’art. 22 l n. 241/90. Tuttavia, secondo i Giudici amministrativi campani, l’amministrazione è tenuta ad oscurare i dati riguardanti l’identità del segnalante ed il contenuto delle segnalazioni. Infatti, costituiscono ostacolo alla ostensione di tali segnalazioni proprio le disposizioni di cui al sopra menzionato art. 54 bis del d.lg. n. 165/2001. In particolare, la disposizione prevede due ipotesi: a) procedimento disciplinare scaturito da segnalazioni ma fondato su accertamenti “distinti e ulteriori” rispetto alla segnalazione; b) procedimento disciplinare (e contestazione degli addebiti) che si fonda “in tutto o in parte sulla segnalazione” con la “conoscenza dell’identità del segnalante” indispensabile per la difesa dell’incolpato.
In quest’ultimo caso, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità. A prescindere dal tipo di utilizzo della segnalazione nell’ambito del procedimento disciplinare vale il principio stabilito dall’art. 54 bis cit. che “l’identità del segnalante non può essere rivelata (a meno che non vi sia il suo consenso)” e che “la segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Tale principio non risulta superabile dalla circostanza che l’amministrazione abbia eventualmente fatto (illegittimamente) uso della segnalazione nell’ambito del procedimento disciplinare, in quanto la finalità voluta dalle disposizioni in parola è quella di tutelare l’identità del segnalante, tenendo riservato anche il contenuto della segnalazione, dalla quale, evidentemente, è possibile risalire alla persona che ha effettuato la denuncia.
I Giudici amministrativi campani hanno anche affermato che, naturalmente, l’istituto del whistleblowing e la tutela del segnalante non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori essendo questo tipo di conflitti disciplinati da altre normative e da altre procedure (T.A.R. Campania, 8 giugno 2018, n. 3880).
Cristina Petrucci