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Configurabile la codatorialità anche nei gruppi genuini se vi è integrazione organizzativa fra le società

Con la sentenza n. 26170 del 25 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha statuito che, per quanto concerne la codatorialità, la sussistenza di un centro unitario di imputazione dei rapporti di lavoro non può essere esclusa sulla base della sola assenza di indizi di abusività o di fraudolenza del gruppo, ma deve essere valutata considerando il grado di integrazione economico-funzionale tra le società coinvolte.

Nel caso di specie, una lavoratrice, formalmente assunta da una società e licenziata nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, aveva agito in giudizio chiedendo l’accertamento della codatorialità anche in capo alle altre società del gruppo. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, ritenendo non provata l’esistenza di un centro unitario di interessi e di un livello di integrazione tale da annullare l’autonomia organizzativa delle singole società.

La Suprema Corte, ritenendo erronea la decisione della Corte territoriale, ha ribadito che la codatorialità può essere riconosciuta anche nei gruppi genuini, quando ricorrano elementi quali l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione complessiva del gruppo, l’utilizzazione promiscua della prestazione da parte di più società, l’esercizio congiunto dei poteri datoriali da parte di soggetti formalmente distinti e la prestazione resa nell’interesse comune del gruppo.

Pertanto, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio, affinché il giudice di merito proceda a un nuovo esame alla luce dei principi indicati dalla Suprema Corte in materia di codatorialità.